Erano anni difficili quelli che abbiamo lasciato alle
nostre spalle appena un secolo e mezzo fa. Ci è voluta l’annessione della città
al Regno d’Italia per porre fine al feroce tribunale della Santa
Inquisizione, attivo a Ferrara almeno dal 1265.
Fu abolito e ripristinato varie volte, nei suoi periodi migliori il potere che
aveva nello Stato estense si estendeva anche a Modena e Reggio Emilia, e non
erano rari i casi di confessioni estorte con la tortura senza prove di accusa.
La
Biblioteca Ariostea, tra le centinaia di migliaia di opere che custodisce, ci
offre al proposito un documento interessante, il ‘Libro dei giustiziati’, una
vera e propria raccolta di verbali stilati dagli inquisitori. 853 condanne a
morte in pieno Rinascimento, tra il governo di Niccolò III e quello di Alfonso
II, non solo per eresia o crimini contra Dei, ma anche per reati legati alla
sfera civile, come furti e omicidi. E quanto a eresie o culti proibiti, c’è da
dire che Ferrara non si lasciava mancare niente, tra Templari, catari ed ebrei!
Il ‘Libro dei giustiziati’ ci riserva però anche un’altra sorpresa: tra tutti i
nomi riportati, solamente ventidue sono femminili,
contribuendo a sfatare il mito della caccia alle streghe. L’Inquisizione, nella
sua storia ferrarese, si è spesso rivelata magnanima con le donne e non si fa
fatica a trovare casi di ragazze liberate dopo che avevano abiurato.
Che si trattasse di donne o uomini, tutti i processi si tenevano tuttavia in un
luogo ben definito, una chiesa naturalmente, ancora oggi in piedi nonostante
sia stato l’edificio religioso più devastato dal sisma del 2012 nella
nostra città. Una vela del campanile di San Domenico, infatti, a
causa del terremoto si è staccata, sfondando il tetto e finendo all’interno
della costruzione. Le esecuzioni, invece, avvenivano nella piazza di fronte
alla facciata, ben visibili dalla popolazione.
Vicolo del Chiozzino (Ferrara)
L’edificio,
un tempo appartenente a un intero complesso domenicano, venne eretto nel 1726
al posto di una chiesa più antica, orientata, come spesso accadeva in passato,
sull’asse Ovest-Est: si entrava con l’oscurità di Ponente per avvicinarsi alla
luce dell’altare rivolto a Levante. La costruzione attuale ha l’orientamento
opposto, ma della vecchia chiesa, risalente al XIII secolo, rimangono il
campanile e la cappella Canani, ovvero la primitiva struttura absidale.
All’interno, la chiesa ci accoglie con varie meraviglie: si passa dai dipinti
di importanti artisti ferraresi, quali lo Scarsellino o Carlo Bononi,
al magnifico coro ligneo del 1384, uno dei più antichi della
regione, fino ad arrivare al pavimento quasi interamente ricoperto di
lapidi sepolcrali antiche.
Noi oggi guardiamo tutto questo con gli occhi dello stupore e del fascino, ma
se ci immaginiamo la reale funzione di ciò che resta, l’atmosfera cambia
drasticamente. Una vicenda, in particolare, attirerebbe l’attenzione di
chiunque: è quella del mago Benato. Accusato di
utilizzare la propria magia contro il marchese Leonello d’Este, venne
condannato a morte e bruciato sul rogo. Consumatosi il fuoco, però, un terribile
terremoto si abbatté sulla città e qualcuno pensò a Lucifero o alle forze degli
inferi.
Ma non è questa l’unica storia a nascondere del macabro. Il 1744 è
l’anno in cui a Mantova vide la luce un futuro fisico e ingegnere, Bartolomeo
Chiozzi, giunto presto a Ferrara, dove prese casa in un grande
e curato palazzo. Un giorno, rovistando in cantina, trovò un libro di formule
magiche per invocare il demonio. E a questo punto le fonti si dividono: da un
lato, sembrerebbe che Chiozzi avesse un fedele servitore di nome Magrino;
dall’altro, pare che Magrino fosse addirittura il nome del diavolo che si
materializzò dopo le invocazioni dello studioso. Dopo aver venduto l’anima al
demonio, comunque, ed essersene pentito, mago Chiozzino, come iniziava
a chiamarlo la gente, si recò alla chiesa di San Domenico per purificarsi,
contro la volontà di Magrino, servo o diavolo che fosse, che per la
rabbia assunse forma caprina e diede una zampata sulla porta.
La zampata del Diavolo "Magrino" detto l'Urlone |
E ancora oggi, nell’attesa di poterci entrare, fermiamoci davanti all’entrata laterale. L’impronta del diavolo è il ricordo di esseri umani torturati e uccisi da altri esseri umani, un monito austero e tangibile per il futuro.