In questo Blog conservo e presento i miei lavori, dalla pittura alla lavorazione di ferro e legno. Realizzo articoli che nascono da emozioni ed entusiasmi, da pensieri e necessità; li creo dall'idea dandogli forma, facendoli passare dall'imago mentis alla materia perchè possano accompagnare nella via della vita. Magica e non...
giovedì 4 agosto 2022
martedì 2 agosto 2022
Gli Gnomi
Nell'ambito della magia e dell'alchimia il termine gnomo venne
introdotto da Paracelso dopo il 1493, nel suo Liber de
nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris (ma stampato per la prima
volta in italiano nel XVIII secolo), per indicare uno spirito ctonio,
mentre in seguito il termine è stato adottato nel folklore europeo e
utilizzato nella letteratura fantasy per designare spiritelli legati
alla terra.
Paracelso fu
il primo a menzionare gli gnomi, facendone derivare il nome dalla radice greca gnosis («conoscenza»). Paracelso
considerava gli gnomi spiriti della terra e del sottosuolo, e sosteneva che
potessero spostarsi all'interno del terreno con la stessa facilità con cui gli
uomini camminano sopra di esso. Inoltre, sempre secondo Paracelso, i raggi del
sole hanno il potere di trasformare gli gnomi in pietra. Tutti questi elementi
sono anche tipici dei nani della mitologia nordica; queste due
figure sono in effetti spesso sovrapposte e difficilmente distinguibili anche
nel folklore e nella letteratura fantasy. Talune fonti confondono anche
gli gnomi con altre creature fantastiche (soprattutto dei boschi), per esempio
elfi e goblin.
Nel folklore europeo, gli gnomi (detti piccolo popolo o
erroneamente anche folletti) sono creature fatate simili a
uomini minuscoli. Sono tradizionalmente rappresentati come baffuti e barbuti, e
a volte dotati di caratteristici cappelli a cono, spesso di colore rosso.
Abitano nei boschi, e sono (come fate ed elfi) strettamente legati alla
natura in cui abitano.
Gli
gnomi appaiono frequentemente nelle fiabe della tradizione
folcloristica germanica (e, per esempio, nei racconti dei fratelli Grimm);
sono generalmente rappresentati come vecchietti minuscoli e burberi, che vivono
sottoterra.
Uno
dei testi moderni più celebri sugli gnomi è il libro Gnomi (Leven
en werken van de Kabouter) pubblicato nel 1976 dall'illustratore
naturalistico olandese Rien Poortvliet e di Wil Huygen, che
ne descrisse minuziosamente ("pseudoscientificamente") usi e costumi,
corredando la sua opera di illustrazioni che sono entrate nell'immaginario
collettivo come rappresentazioni tipiche del "piccolo popolo".
Tolkien ha usato il termine "gnomo" in
alcune opere giovanili per indicare la seconda delle tre schiere degli elfi che
intrapresero il loro viaggio verso Valinor; nelle successive
stesure dei suoi racconti Tolkien attribuì alla seconda
schiera il nome di Ñoldor. Un'eco di tale precedente denominazione
del popolo Noldor si ritrova nelle appendici del romanzo Il
Signore degli Anelli nelle quali Dama Galadriel viene
definita la più grande tra le donne gnomiche.
Molte razze di gnomi italiani sono descritte nel libro Il
fantastico mondo degli gnomi di Dario Spada.
Nel
libro Ardusli e gli gnomi dell'Appennino, Giovanni Zavalloni
descrive un piccolo popolo che vive in una valle segreta dietro una cascata
dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Gnomi
molto primitivi sono quelli "di caverna" raccontati da Francesca
D'Amato nei libri Gnomi di caverna: i custodi dei tesori del sottosuolo e Avventure
sotterranee per gnomi di caverna. Questi gnomi, ispirati al folklore alpino
italiano, vivono sottoterra, coltivano radici, custodiscono tesori, sono
coperti di pelliccia e non usano vestiti.
Nel Bellunese si tramandano le storie legate al mazaròl,
un benevolo ma altrettanto suscettibile e vendicativo gnomo. Ad Asiago (VI)
e in tutto l'Altopiano dei Sette Comuni da secoli vivono i sanguinelli o salvanelli,
creature accomunabili agli gnomi e ai folletti che vivono tra le rocce e nelle
tane ricavate alla base degli alberi. Esseri positivi e amichevoli, i
sanguinelli di Asiago e dei Sette Comuni si limitano a fare degli scherzi agli
esseri umani. "Pèrdarse nela pèca del sanguinèlo" significa
"smarrire la strada dopo aver calpestato l'impronta del sanguinello".
Gli gnomi dell'Altopiano rappresentano il collegamento tra i sanguinelli e le
altre creature fantastiche dei boschi con il genere umano, anche con un'azione
tesa alla riscoperta della fantasia e al rispetto dell'ambiente naturale.
Nel
libro Racconti Ritrovati del Re Adriano, Giovanni Borghese riporta
degli Gnomi in Polesine. In particolare, si racconta di quattro Gnomi
Arcani: Raudigo, Caleigo, Veimena e Atra.
Questi Gnomi sono collegati al mito fondativo del Re Adriano (o Atrio)
e del Bombasìn, altro personaggio leggendario e del folclore delle
zone della Bassa Veneta. Dal testo, emerge come gli Gnomi siano al contempo
spiriti naturali e la personificazione di tutti i racconti di un luogo, verbali
e non, attraverso le ere e i secoli, portatori di sapienza e saggezza.
Sull'Appennino
bolognese, in particolare tra Loiano, Monghidoro, Monterenzio, Monzuno e San
Benedetto Val di Sambro, si narravano leggende di piccoli esseri,
chiamati Barabén, oppure Barabanén, o anche Mazapécc, Sèltapécc o
più semplicemente spìrit, che avevano l'abitudine di giocare
scherzi di ogni genere ai viandanti sui sentieri boschivi.
In Val Cavargna, in Provincia di Como si sono conservate
nella tradizione popolare alcune leggente sui folletti locali, chiamati Bragola
e Pelus di Kongau. Questi folletti sono esseri di piccola statura dalle lunghe
braccia, pelosi, simili a scimmie, velocissimi ad intrufolarsi ovunque, coperti
da pochi abiti a brandelli e con occhi piccoli e scintillanti. Per ricordare
questa tradizione è sorto un villaggio degli gnomi presso l'Istituto Comprensivo
di Como-Prestino-Breccia posto nei pressi del Parco Metropolitano Spina
Verde. Ogni anno vengono effettuate diverse attività all'interno di questo
percorso di GnomoTino che è gemellato con quello di Gnomo Mentino a Bagno
di Romagna nell'Appennino Tosco-Romagnolo.
In Campania,
in Lucania e specialmente in tutta la Calabria Citeriore è
conosciuto uno gnomo chiamato Monaciello o Monachiellu. In particolare in Sila,
viene immaginato con piedi rotondi. Egli vive nelle soffitte delle case antiche
o nei dirupi di case in rovina, in cui si manifesta soprattutto di notte
mediante degli inspiegabili scricchiolii. È molto dispettoso e se si arrabbia
compare di notte al capezzale dei letti "tirando" per i piedi i
malcapitati mentre dormono. Può anche portarli nel regno dei morti se è davvero
offeso.
A Paola,
un comune della Calabria in provincia di Cosenza che si
affaccia sul Mar Tirreno, vive "u Baganiedd", conosciuto anche
come Baganiello, un omino tarchiato dalle fattezze primitive. Porta un
cappello, ha una mano fatta di paglia e l'altra di ferro. Custodisce un grande
tesoro e si dice che chi riesca a catturarlo riceverà in dono tutto il suo oro.
Nell'isola
di Sardegna le tradizioni e leggende legate all'arcano, agli spiriti
e alle creature fantastiche sono numerose, e quelle che riguardano gli gnomi si
perdono nella notte dei tempi. Tra queste, si ricorda la foresta degli gnomi
nel paese di Villacidro, che prende forma durante i 24 giorni dell'Avvento.
I nomi degli gnomi di Sardegna inoltre variano da paese a paese:
a Sassari si trova il Pindacciu di li setti barretti,
mentre nel Logudoro si incontra la creatura detta Ammuttadore.
Altri spiritelli associati agli gnomi sono i Mazzamurreddus,
i Baottus, i Maschingannas (questi ultimi spesso
confusi con i Tialus, i demoni), gli Arestes e
così via.
Ogni paese e ogni zona dell’Europa racconta gli gnomi con caratteristiche diverse. Ad esempio, secondo la tradizione Irlandese, i “Leprechaun”, che è il modo in cui chiamano queste simpatiche creature, camminano per i boschi, portando con sè sempre una bisaccia. E si tratta di una bisaccia magica: essa infatti contiene uno scellino (oggi si dovrebbe dire un euro). Ogni volta che viene spesa la moneta, magicamente se ne ritrova un’altra sempre nella stessa borsa a tracolla. Nella cultura germanica sono principalmente i fratelli Grimm che hanno raccontato degli gnomi.
domenica 22 maggio 2022
La Casa degli Gnomi
A volte, se si è veramente fortunati, durante un'escursione nei Boschi, mentre la bruma della notte scompare per lasciare posto al sole, si può vedere in controluce, come un miraggio o un'ombra vista con la coda dell'occhio, una piccola casa con una minuscola porta.
Nei mesi di ottobre e novembre, ma se si è veramente, ma veramente fortunati, si potrà vedere davanti all'uscio, un piccolo Gnomo mentre fuma la pipa o raccoglie rametti per il fuoco domestico.
lunedì 5 aprile 2021
Buona Pasqua!
Queste era lo stile della cartoline negli anni '70... Semplici, quasi dozzinali, ma piene di un sentimento che oggi non si trova più...
lunedì 27 gennaio 2020
Il tempo delle Streghe!
In questa notte un po’
incantata
vaga un’ombra mascherata.
Chiusa in un bigio e lungo mantello
la segue dall’alto un pipistrello.
Porta una zucca a mo’ di cestino
con all’interno un giallo lumino.
Intanto nel buio sibila il vento
e tutti tremano dallo spavento.
Agita uno scheletro luminescente
con cui minaccia tutta la gente.
Chiede ai passanti pure un dolcetto
o gli promette un solo scherzetto.
Niente paura se bussa alla porta
e vi spia con la sua faccia storta:
è solo l’ombra di una bimbetta
che crede di essere una streghetta!
di Maria Ruggi
domenica 1 dicembre 2019
Il Vegvisir
Il Vegvísir, che in islandese significa “cartello” è considerato un simbolo magico, avente lo scopo di aiutare il portatore a trovare la giusta strada lungo il percorso della vita fisica e di quella metafisica.
La parola deriva da due termini islandesi: Veg e Vísir. Veg è un abbreviativo di "Vegur" e significa "strada" o "percorso", e "Vísir" sta per "guida" o "guide".
In epoca moderna è stato interpretato come un simbolo di distinzione e patriottismo degli islandesi in quanto è uno dei pochi simboli “magici” che sono stati trovati solamente in Islanda, al contrario di altri che sono presenti anche in altri territori che furono soggetti alla dominazione vichinga.
Le leggende narrano che i vichinghi islandesi, già intorno alla fine del IX° sec., lo tracciassero abitualmente sulle navi per non perdere la rotta e sapersi orientare anche nelle peggiori condizioni meteorologiche.
In molti casi veniva tracciato con la saliva, con un carboncino o con il sangue anche sulla fronte o nella parte interna dell’elmo.
Come molti dei simboli magici di tale matrice anche il Vegvísir necessita, per essere efficace, del cosiddetto "testimone", ossia una componente biologica del portatore: sangue, saliva o fluidi corporei, tessuti ecc., che devono essere parte integrante del supporto su cui il simbolo è disegnato, o essere il portatore stesso tale "supporto".
Di contro c'è da rilevare che, allo stato attuale delle ricerche, su nessun reperto di nave o tomba di marinaio è mai stato rinvenuto un Vegvisir, come anche di altri simboli che ci si aspetterebbe essere presenti.
L’attestazione più importante si riscontra nel cosiddetto "Manoscritto Huld”.
L’“HULD MANUSCRIPT”, ossia il Manoscritto Oscuro è il nome dato ad un grimorio islandese, una raccolta di racconti e incantesimi, compilato da Geir Vigfusson (Geir Vigfússyni ) nel 1847.
Dalle poche fonti disponibili sembra che per tale redazione egli abbia attinto da altri tre codici più antichi, di cui uno proveniente da Seltjarnarnesi, vicino Reykjavik (1810), un altro era intitolato “Galdrastafir og Náttúra þeirra” ossia “Magia e Natura”, e conteneva i sigilli magici ma non le iscrizioni; del terzo , invece, a parte la citazione non sappiamo nulla.
Huld è anche il nome di una maga e veggente che compare in due saghe norrene: la “Yngling”e “Sturlunga”. In un racconto islandese di Snorri Sturlusson (1178-1241) scopriamo che era un’amante di Odino e genitrice di due semi-dee, che presero il nome Þorgerðr e Irpa.
Se guardiamo l'etimologia, "Huld" significa "nascosto" o "Segreto" e deriva dal norreno "Hulda": è una radice presente anche in molti altri termini di derivazione germanica.
In una pagina del manoscritto, nel quale viene mostrato, oltre al nome è riportata la seguente frase:
"if this sign is carried, one will never lose one's way in storms or bad weather, even when the way is not known"
(Se qualcuno porta con sé questo simbolo, non perderà mai la propria strada nella tempesta o nel cattivo tempo, anche se percorre una strada a lui sconosciuta).
Lo ritroviamo anche anteriormente in un grimorio, sempre Islandese, chiamato Galdrabók, un “Libro di Magia” risalente al 1600; un piccolo manoscritto contenente una raccolta di 47 incantesimi e compilato da quattro persone diverse, dei quali i primi tre erano islandesi ed il quarto era un danese che lavorò su materiale islandese.
Nella “Hrana saga ring”, una delle più antiche saghe islandesi viene solo citato nel seguente assaggio: "Il tempo era nuvoloso e tempestoso ... il re si guardò intorno e non vide l'azzurro del cielo ... poi il re prese in mano il Vegvísir e videro dove [il sole] apparso nella pietra."
Non è semplice stabilire con precisione cosa esso rappresenti.
E' generalmente definito come una “Bussola Runica” o “Compasso”, un segnale di direzione; rappresenta lo “scorgere il modo in cui avvistare la via”.
giovedì 10 ottobre 2019
La nuova Bacchetta "Torcigliona"
E' una Bacchetta dispettosa, si può imbizzarrire e ritorcere le energie verso chi le emette, è da domare, ma solo uno spirito coraggioso potrà usarla dopo averla controllata. Da grandi soddisfazioni, crea tornado e tempeste, ma può provocare anche contusioni, contratture, slogature e dolori ossei anche agli umani che ne divengono bersaglio ☺
giovedì 21 marzo 2019
lunedì 18 marzo 2019
Comodo portapipe
mercoledì 6 marzo 2019
La Ruota dell'Anno
Nel paganesimo e in molte religioni neopagane, la Ruota dell'Anno rappresenta il ciclo naturale delle stagioni, commemorato con la celebrazione di otto sabbat o sabba. Secondo il neopaganesimo, tutte le cose della natura sono cicliche, compreso lo scorrere del tempo che viene immaginato come una ruota che gira incessantemente; lo scorrere delle stagioni si riflette nella nostra vita: nascita, crescita, declino e morte. Per alcune delle religioni neopagane come la Wicca, gli otto sabbat segnano otto momenti tipici lungo il percorso dell'anno e simboleggiano altrettante tappe nella vita del Dio, che nasce dalla Dea a Yule, cresce fino a diventare adulto, si unisce a lei a Beltane, regna come Re di primavera per poi indebolirsi e morire a Lammas. Alcune tradizioni dividono gli otto Sabbat in quattro maggiori e quattro minori. I quattro Sabbat maggiori sono molto probabilmente associati con i cicli dell'agricoltura e dell'allevamento, nell'antichità la loro data veniva determinata in base alla levata eliaca di alcune stelle facilmente visibili ad occhio nudo. Tradizionalmente duravano tre giorni a partire dal tramonto del giorno precedente (nella cultura celtica il giorno cominciava al tramonto). Samhain/Calenda - Capodanno - Levata eliaca di Antares (Alpha Scorpii) celebrato attorno al 31 ottobre Imbolc/Candelora - Festa del ritorno della Luce - Levata eliaca di Capella (Alpha Auriga) celebrato attorno al 2 febbraio
· Beltane/Calendimaggio
- Estate - Levata eliaca di Aldebaran (Alpha Taurus)
celebrato attorno al 1º maggio
· Lughnasadh -
Festa del raccolto - Levata eliaca di Sirio (Alpha Canis
major) celebrato attorno al 1º agosto
Va sottolineato come queste coincidenze astronomiche,
che erano esatte nell'età del ferro, oggi non sono più corrispondenti a causa
dell'effetto combinato dei fenomeni di nutazione e
delle precessioni.
Gli altri quattro Sabbat minori:
· Yule celebrato
attorno al 21-22 dicembre
· Ostara celebrato
attorno al 22-23 marzo
· Litha celebrato
attorno al 21-22 giugno
· Mabon celebrato attorno al 22-23 settembre sono calcolati in base al ciclo solare e coincidono con i due solstizi e i due equinozi.la Ruota dell’Anno ci conduce anche attraverso le stagioni, nel viaggio della Vita, dalla nascita alla giovinezza, fino alla maturità e poi la vecchiaia ed infine, la morte e la nuova rinascita. Ogni momento dell’anno, viene così a corrispondere ad un momento della Vita. I cicli della Vita, del Cielo e dell’intero creato sono interconnessi intimamente. L’uomo antico si sentiva parte costitutiva dell’universo, visto come un tutt’uno, una trama dove ogni filo era collegato agli altri per mezzo di legami sottili eppure indistruttibili: nell’antica concezione anche il Divino non era visto un entità separata dal mondo, ma ne era allo stesso tempo creatore e parte essenziale, non trascendente ma immanente: anche il più piccolo granello di sabbia, come il più minuscolo degli animali veniva sentito come intimamente connesso al Tutto, Uomo compreso e l’essere umano considerava se stesso solo un filo della “ragnatela” universale.Le festività della Ruota dell’Anno sono per lo più denominate con termini d’origine celtica perché questo popolo ci ha lasciato un notevole corpus mitologico e folkloristico, ma gli Antichi popoli mediterranei celebrarono secondo concezioni simili, se non propri identiche, anche se, purtroppo, le loro testimonianze, quanto meno quelle dirette, sono andate perlopiù perdute o sono state cambiate dalla sovrapposizione di significati cristiani.Per gli antichi ogni fine era un inizio ed ogni inizio una fine, ogni cosa esistente vi era coinvolta non solo a livello spirituale, ma anche a livello materiale. La Ruota si suddivide in Otto periodi della durata circa quarantacinque giorni ciascuno e durante i quali il culmine è rappresentato da un giorno di festa, questi giorni assumo il nome di Sabbat . Sgombriamo subito il campo da equivoci e pregiudizi: “sabbat” non ha NULLA a che vedere con satanismo, riti di magia nera e cose consimili e fondamentalmente per un motivo: Satana fa parte della religione cristiana, gli Antichi Popoli non conoscevano assolutamente questa figura perché la struttura del divino era molto diversa è pertanto impossibile, anzi, è un falso storico, ritenere che gli antichi culti fossero legati al demonio.