Una Bacchetta è un catalizzatore, un focalizzatore ed ha il potere di scaglia le energie del Magus una volta dissolte e coagulate.
Un vero e proprio "Colpo di cannone" per alimentare e dinamizzare Riti e dirigere Evocazioni.
In questo Blog conservo e presento i miei lavori, dalla pittura alla lavorazione di ferro e legno. Realizzo articoli che nascono da emozioni ed entusiasmi, da pensieri e necessità; li creo dall'idea dandogli forma, facendoli passare dall'imago mentis alla materia perchè possano accompagnare nella via della vita. Magica e non...
La quercia era gli alberi più sacri in Europa e fra i più conosciuti, poiché venerata presso innumerevoli popoli. Nella maggior parte dei casi, comprare in associazione a divinità celesti, ordinatrici, legate alla tempesta e al fulmine, non di rado a capo o in posizione di rilievo all’interno della gerarchia divina.
Per
i Romani era considerato l’albero sacro a Giove, per i Greci a Zeus, fra i
Celti al Dagda, a Perun fra gli Slavi e, sembra, a Thor fra i Norreni.
L’associazione al fulmine si spiega facilmente per via delle proprietà di
questo albero, che attira i fulmini più semplicemente di altre specie, per
via dell’altezza e dell’estensione dei suoi rami, e del legno ricco di acqua.
Proprio per l’estensione dei suoi rami, pari all’intrico delle radici, che si
estendono in larghezza e fino a grandi profondità, si ritiene
che per i Celti fosse considerato albero in grado di connettere il cielo, la
terra e il mondo dei morti.
In ogni caso, per i Celti era sacro anche per
altre ragioni, e forse non vi è albero che onorassero di più –
al punto che il termine “druido”, usato per indicare i loro sacerdoti (maghi e
guaritori), deriva da Dair,
il nome attribuito alla Quercia.
Duir significa porta e tale denominazione va in parallelo
con l’idea che gli spazi sul tronco e i rami lasciati dai nodi della corteccia
fossero porte su Elfame, (Il Paese delle fate Faerie, Scozzese Elfame, c.f. Vecchio norvegese Álfheimr) il regno del Piccolo Popolo.
Per
i Celti, la quercia era l’albero dei re, delle regine e dei poeti, simbolo di
regalità, di concordia e di ispirazione alla verità.
Per i Druidi, la quercia era un albero così
importante, che Plinio il Vecchio scrive:
“I
Druidi – così sono chiamati i loro maghi . Non hanno niente di più sacro del
vischio e dell’albero che lo porta, sempre supponendo che tale albero sia la
quercia.”
Il vischio infatti era ritenuto
un segno divino, lasciato dagli Dei quando un fulmine colpisce la quercia. Sempre Plinio il
Vecchio ci informa che i rituali dei Druidi si tenevano in radure circondate da
querce e si svolgevano soltanto in presenza di un ramo di quercia.
Da qui, il vischio e la quercia
entrano nell’uso del Neopaganesimo, come emblemi rispettivamente della metà
oscura e della metà luminosa dell’anno – alla quale la quercia è associata,
poiché a metà del mese di Duir del calendario arboreo, sviluppato da Edward
Davies *e poi ripreso da Robert Graves, cade a Mezza estate.
Fra i Greci e i Romani, la quercia compare,
per via dell’associazione al fulmine e alla tempesta, come albero sacro di Zeus
e Giove, e secondo i Romani, in particolare nel periodo
estivo, sarebbe stato possibile, ascoltando il vento fra le fronde dell’albero,
udire la voce di Giove e trarre in questo modo auguri e presagi.
Se anche fra i diversi popoli il significato
della quercia varia leggermente – fra i Celti era simbolo di regalità,
mentre per i Romani di vittoria e onore militare –
in tutta Europa la quercia simboleggia successo, onore, virilità, prosperità,
forza, per la possanza del suo portamento. Trattandosi di una pianta sempreverde e
molto longeva, in grado di vivere per secoli e secoli, è
emblema anche di immortalità, durevolezza e buona salute, e
si ritiene particolarmente ben augurale portare una ghianda in tasca, per
attirare salute e fortuna. Invece, piantare una ghianda durante la luna nuova
porta buona sorte e vigore; e metterla alla finestra protegge l’abitazione dai
fulmini.
CORRISPONDENZE
Governato da: Giove
Elemento: Aria
Sacro a: Zeus, Giove, Perun, Dagda, Thor, divinità
celesti legate al fulmine e alla tempesta
Utilizzo: rituali di prosperità, abbondanza,
fortuna, denaro; per rafforzare la forza fisica, la virilità; attirare salute e
guarigione; protezione e buona fortuna, potenza e stabilità; longevità e
immortalità; saggezza e comprensione della verità
* Edward " Celtic " Davies (7 giugno 1756 - 7
gennaio 1831) è stato uno scrittore gallese e pastore anglicano il cui
lavoro più influente ha esaminato le origini delle lingue celtiche e il significato della mitologia celtica . Divenne parte del recupero e reinvenzione ottocentesca della
tradizione druidica .
Nato a Llanfaredd, nel Radnorshire , Davies
ha frequentato il Christ College di Brecon (insieme
al suo amico, lo storico Theophilus Jones ). Fu curato di Olveston , Gloucestershire e nel 1805 fu nominato rettore di Bishopston , Gower .
Davies ha prodotto una serie di raccolte di poesie e opere teatrali, ma sono stati i suoi scritti sul mito e sulla storia ad avere maggior successo. Influenti nel loro tempo e in seguito, le sue opere storiche sono selvaggiamente imprecise e speculative per gli standard moderni. Non parlava correntemente il gallese e usava fonti e congetture inaffidabili nel suo tentativo di far corrispondere il mito celtico con la storia biblica . Ma a differenza del suo contemporaneo Iolo Morganwg , Davies non era colpevole di contraffazione deliberata ; infatti fu uno dei pochi all'epoca a sospettare di alcune opere di Iolo, che sfociarono in una faida letteraria tra loro. Tuttavia, come la maggior parte dei suoi contemporanei, Davies si affidò ad una serie di lavori fraudolenti di Iolo, che minarono ulteriormente l'affidabilità del suo lavoro.
Tuttavia pubblicò un discorso sull'autenticità di Ossian nel 1825. Un appassionato lettore dei libri di Davies che era interessato alle sue teorie era William Blake . Lo status di Davies ai suoi tempi è dimostrato dal fatto che fu uno dei primi dieci scrittori selezionati dalla neonata Royal Society of Literature a ricevere l'onore di "Companion of Literature" nel 1823.
Il calendario dell'albero lunare dei Celti è stato a lungo
fonte di controversie tra gli studiosi celtici. Alcuni sostengono addirittura
che non abbia mai fatto parte del vecchio mondo celtico, ma che sia stata
un'invenzione dell'autore/ricercatore Robert Graves. I druidi sono generalmente
accreditati da altri ricercatori per aver creato questo sistema. Sembra che non
ci siano prove accademiche per dimostrare il contrario, tuttavia molti pagani
celtici ritengono che il sistema risalga al tempo dell'influenza druidica sulle
questioni religiose celtiche. Probabilmente è ragionevole credere che la verità
stia da qualche parte tra questi tre estremi. È molto probabile che il sistema
di alberi esistesse, con piccole variazioni regionali, prima dell'epoca dei druidi
che lo sperimentarono, scoprirono le proprietà magiche di ogni albero e
codificarono tutte le informazioni nel sistema che abbiamo oggi, ma accetto
precisazioni da chi ne sa più di me.
In ogni caso siamo ancora nel periodo della Luna della Quercia, periodo in cui gli alberi stanno iniziando a raggiungere le loro fasi di piena fioritura.
La quercia è forte , potente e tipicamente imponente su tutti i suoi vicini. Il Re della quercia regna durante i mesi estivi, e questo albero era sacro ai druidi. I Celti hanno chiamato questo mese Duir, che alcuni studiosi ritengono significhi 'porta', la radice della parola 'druido'. La Quercia è collegata agli incantesimi di protezione e forza, fertilità, denaro e successo e buona fortuna. Porta una ghianda in tasca quando vai a un colloquio o a un incontro di lavoro; ti porterà fortuna. Se prendi una foglia di quercia che cade prima che cada a terra, rimarrai in salute l'anno successivo.
Nell'ambito della magia e dell'alchimia il termine gnomo venne
introdotto da Paracelso dopo il 1493, nel suo Liber de
nymphis, sylphis, pygmaeis et salamandris (ma stampato per la prima
volta in italiano nel XVIII secolo), per indicare uno spirito ctonio,
mentre in seguito il termine è stato adottato nel folklore europeo e
utilizzato nella letteratura fantasy per designare spiritelli legati
alla terra.
Paracelso fu
il primo a menzionare gli gnomi, facendone derivare il nome dalla radice greca gnosis («conoscenza»). Paracelso
considerava gli gnomi spiriti della terra e del sottosuolo, e sosteneva che
potessero spostarsi all'interno del terreno con la stessa facilità con cui gli
uomini camminano sopra di esso. Inoltre, sempre secondo Paracelso, i raggi del
sole hanno il potere di trasformare gli gnomi in pietra. Tutti questi elementi
sono anche tipici dei nani della mitologia nordica; queste due
figure sono in effetti spesso sovrapposte e difficilmente distinguibili anche
nel folklore e nella letteratura fantasy. Talune fonti confondono anche
gli gnomi con altre creature fantastiche (soprattutto dei boschi), per esempio
elfi e goblin.
Nel folklore europeo, gli gnomi (detti piccolo popolo o
erroneamente anche folletti) sono creature fatate simili a
uomini minuscoli. Sono tradizionalmente rappresentati come baffuti e barbuti, e
a volte dotati di caratteristici cappelli a cono, spesso di colore rosso.
Abitano nei boschi, e sono (come fate ed elfi) strettamente legati alla
natura in cui abitano.
Gli
gnomi appaiono frequentemente nelle fiabe della tradizione
folcloristica germanica (e, per esempio, nei racconti dei fratelli Grimm);
sono generalmente rappresentati come vecchietti minuscoli e burberi, che vivono
sottoterra.
Uno
dei testi moderni più celebri sugli gnomi è il libro Gnomi (Leven
en werken van de Kabouter) pubblicato nel 1976 dall'illustratore
naturalistico olandese Rien Poortvliet e di Wil Huygen, che
ne descrisse minuziosamente ("pseudoscientificamente") usi e costumi,
corredando la sua opera di illustrazioni che sono entrate nell'immaginario
collettivo come rappresentazioni tipiche del "piccolo popolo".
Tolkien ha usato il termine "gnomo" in
alcune opere giovanili per indicare la seconda delle tre schiere degli elfi che
intrapresero il loro viaggio verso Valinor; nelle successive
stesure dei suoi racconti Tolkien attribuì alla seconda
schiera il nome di Ñoldor. Un'eco di tale precedente denominazione
del popolo Noldor si ritrova nelle appendici del romanzo Il
Signore degli Anelli nelle quali Dama Galadriel viene
definita la più grande tra le donne gnomiche.
Molte razze di gnomi italiani sono descritte nel libro Il
fantastico mondo degli gnomi di Dario Spada.
Nel
libro Ardusli e gli gnomi dell'Appennino, Giovanni Zavalloni
descrive un piccolo popolo che vive in una valle segreta dietro una cascata
dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Gnomi
molto primitivi sono quelli "di caverna" raccontati da Francesca
D'Amato nei libri Gnomi di caverna: i custodi dei tesori del sottosuolo e Avventure
sotterranee per gnomi di caverna. Questi gnomi, ispirati al folklore alpino
italiano, vivono sottoterra, coltivano radici, custodiscono tesori, sono
coperti di pelliccia e non usano vestiti.
Nel Bellunese si tramandano le storie legate al mazaròl,
un benevolo ma altrettanto suscettibile e vendicativo gnomo. Ad Asiago (VI)
e in tutto l'Altopiano dei Sette Comuni da secoli vivono i sanguinelli o salvanelli,
creature accomunabili agli gnomi e ai folletti che vivono tra le rocce e nelle
tane ricavate alla base degli alberi. Esseri positivi e amichevoli, i
sanguinelli di Asiago e dei Sette Comuni si limitano a fare degli scherzi agli
esseri umani. "Pèrdarse nela pèca del sanguinèlo" significa
"smarrire la strada dopo aver calpestato l'impronta del sanguinello".
Gli gnomi dell'Altopiano rappresentano il collegamento tra i sanguinelli e le
altre creature fantastiche dei boschi con il genere umano, anche con un'azione
tesa alla riscoperta della fantasia e al rispetto dell'ambiente naturale.
Nel
libro Racconti Ritrovati del Re Adriano, Giovanni Borghese riporta
degli Gnomi in Polesine. In particolare, si racconta di quattro Gnomi
Arcani: Raudigo, Caleigo, Veimena e Atra.
Questi Gnomi sono collegati al mito fondativo del Re Adriano (o Atrio)
e del Bombasìn, altro personaggio leggendario e del folclore delle
zone della Bassa Veneta. Dal testo, emerge come gli Gnomi siano al contempo
spiriti naturali e la personificazione di tutti i racconti di un luogo, verbali
e non, attraverso le ere e i secoli, portatori di sapienza e saggezza.
Sull'Appennino
bolognese, in particolare tra Loiano, Monghidoro, Monterenzio, Monzuno e San
Benedetto Val di Sambro, si narravano leggende di piccoli esseri,
chiamati Barabén, oppure Barabanén, o anche Mazapécc, Sèltapécc o
più semplicemente spìrit, che avevano l'abitudine di giocare
scherzi di ogni genere ai viandanti sui sentieri boschivi.
In Val Cavargna, in Provincia di Como si sono conservate
nella tradizione popolare alcune leggente sui folletti locali, chiamati Bragola
e Pelus di Kongau. Questi folletti sono esseri di piccola statura dalle lunghe
braccia, pelosi, simili a scimmie, velocissimi ad intrufolarsi ovunque, coperti
da pochi abiti a brandelli e con occhi piccoli e scintillanti. Per ricordare
questa tradizione è sorto un villaggio degli gnomi presso l'Istituto Comprensivo
di Como-Prestino-Breccia posto nei pressi del Parco Metropolitano Spina
Verde. Ogni anno vengono effettuate diverse attività all'interno di questo
percorso di GnomoTino che è gemellato con quello di Gnomo Mentino a Bagno
di Romagna nell'Appennino Tosco-Romagnolo.
In Campania,
in Lucania e specialmente in tutta la Calabria Citeriore è
conosciuto uno gnomo chiamato Monaciello o Monachiellu. In particolare in Sila,
viene immaginato con piedi rotondi. Egli vive nelle soffitte delle case antiche
o nei dirupi di case in rovina, in cui si manifesta soprattutto di notte
mediante degli inspiegabili scricchiolii. È molto dispettoso e se si arrabbia
compare di notte al capezzale dei letti "tirando" per i piedi i
malcapitati mentre dormono. Può anche portarli nel regno dei morti se è davvero
offeso.
A Paola,
un comune della Calabria in provincia di Cosenza che si
affaccia sul Mar Tirreno, vive "u Baganiedd", conosciuto anche
come Baganiello, un omino tarchiato dalle fattezze primitive. Porta un
cappello, ha una mano fatta di paglia e l'altra di ferro. Custodisce un grande
tesoro e si dice che chi riesca a catturarlo riceverà in dono tutto il suo oro.
Nell'isola
di Sardegna le tradizioni e leggende legate all'arcano, agli spiriti
e alle creature fantastiche sono numerose, e quelle che riguardano gli gnomi si
perdono nella notte dei tempi. Tra queste, si ricorda la foresta degli gnomi
nel paese di Villacidro, che prende forma durante i 24 giorni dell'Avvento.
I nomi degli gnomi di Sardegna inoltre variano da paese a paese:
a Sassari si trova il Pindacciu di li setti barretti,
mentre nel Logudoro si incontra la creatura detta Ammuttadore.
Altri spiritelli associati agli gnomi sono i Mazzamurreddus,
i Baottus, i Maschingannas (questi ultimi spesso
confusi con i Tialus, i demoni), gli Arestes e
così via.
Ogni paese e ogni zona dell’Europa racconta gli gnomi con caratteristiche diverse. Ad esempio, secondo la tradizione Irlandese, i “Leprechaun”, che è il modo in cui chiamano queste simpatiche creature, camminano per i boschi, portando con sè sempre una bisaccia. E si tratta di una bisaccia magica: essa infatti contiene uno scellino (oggi si dovrebbe dire un euro). Ogni volta che viene spesa la moneta, magicamente se ne ritrova un’altra sempre nella stessa borsa a tracolla. Nella cultura germanica sono principalmente i fratelli Grimm che hanno raccontato degli gnomi.
A volte, se si è veramente fortunati, durante un'escursione nei Boschi, mentre la bruma della notte scompare per lasciare posto al sole, si può vedere in controluce, come un miraggio o un'ombra vista con la coda dell'occhio, una piccola casa con una minuscola porta.
Nei mesi di ottobre e novembre, ma se si è veramente, ma veramente fortunati, si potrà vedere davanti all'uscio, un piccolo Gnomo mentre fuma la pipa o raccoglie rametti per il fuoco domestico.
Queste era lo stile della cartoline negli anni '70... Semplici, quasi dozzinali, ma piene di un sentimento che oggi non si trova più...
In questa notte un po’
incantata
vaga un’ombra mascherata.
Chiusa in un bigio e lungo mantello
la segue dall’alto un pipistrello.
Porta una zucca a mo’ di cestino
con all’interno un giallo lumino.
Intanto nel buio sibila il vento
e tutti tremano dallo spavento.
Agita uno scheletro luminescente
con cui minaccia tutta la gente.
Chiede ai passanti pure un dolcetto
o gli promette un solo scherzetto.
Niente paura se bussa alla porta
e vi spia con la sua faccia storta:
è solo l’ombra di una bimbetta
che crede di essere una streghetta!
di Maria Ruggi